I maestri del cinema interpretano la storia dell’arte
Ciclo di proiezioni
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
Via San Micheletto 3, Lucca
Sabato 28 gennaio 2017, ore 17
Luciano Emmer, Leonardo da Vinci, 1952, documentario, 52 minuti
Sabato 4 febbraio 2017, ore 17
Michelangelo Antonioni, Lo sguardo di Michelangelo, 2004, cortometraggio, 15 minuti
Carlo Ludovico Ragghianti, Michelangiolo, 1964, critofilm, 78 minuti
Sabato 11 febbraio 2017, ore 17
Mario Martone, Caravaggio, l’ultimo tempo, 2005, documentario, 41 minuti
Ingresso libero
in collaborazione con l’Associazione Terzopiano
La Fondazione Ragghianti inaugura sabato 28 gennaio, alle ore 17, nella propria sede a Lucca (via San Micheletto, 3), I maestri del cinema interpretano la storia dell’arte, un ciclo di proiezioni audiovisive che dimostra come il medium video-cinematografico possa diventare uno strumento di interpretazione critica e di divulgazione, secondo l’esempio pionieristico fornito da Carlo Ludovico Ragghianti con i suoi critofilm.
Si inizia con il documentario a colori Leonardo da Vinci, diretto da Luciano Emmer nel 1952, mentre l’appuntamento di sabato 4 febbraio è animato da un originale abbinamento che vede protagonisti Carlo Ludovico Ragghianti e Michelangelo Antonioni, entrambi alle prese con l’analisi dell’opera di Michelangelo Buonarroti, un’interpretazione storico-critica e una visione poetica a confronto, in un programma all’insegna della fascinazione per uno dei massimi geni dell’arte rinascimentale. Il ciclo chiude sabato 11 febbraio con un omaggio a un altro protagonista dell’arte italiana, Michelangelo Merisi: Caravaggio, l’ultimo tempo (2005), raccontato dal regista napoletano Mario Martone.
Gli incontri, a ingresso libero, con inizio ore 17, saranno introdotti da Alessandro Romanini e da Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti. La rassegna è realizzata in collaborazione con l’Associazione Terzopiano.
I maestri del cinema interpretano la storia dell’arte
Luciano Emmer, Leonardo da Vinci, 1952, documentario, 52 minuti
L’efficacia della sintassi visiva del cinema al servizio dell’interpretazione delle opere d’arte e dell’evoluzione stilistica di un artista è perfettamente esemplificata dal documentario a colori Leonardo da Vinci, diretto da Luciano Emmer nel 1952. Emmer, regista e sceneggiatore cinematografico (nel 1952 uscì sui grandi schermi anche il suo lungometraggio Le ragazze di piazza di Spagna), si è dedicato parallelamente, nel corso della sua lunga carriera, alla realizzazione di lungometraggi di fiction e di documentari sull’arte: oltre a Leonardo, si occupò di figure di spicco della storia della pittura come Piero della Francesca, Giotto, Goya, Picasso e Guttuso, ma anche di compositori come Giuseppe Verdi.
Leonardo da Vinci, prodotto a cavallo fra 1951 e 1952, alla cui sceneggiatura parteciparono, insieme con il regista, Enrico Gras e Gian Luigi Rondi, vinse il Leone d’Oro come miglior documentario alla Mostra del Cinema di Venezia. Nei 52 minuti di durata, accompagnati dalle musiche di Roman Vlad, Emmer struttura una narrazione suddivisa in tre sezioni: la prima, di natura biografica, delinea l’evoluzione dell’uomo e dell’artista Leonardo attraverso le immagini dei luoghi in cui visse dalla nascita fino alla maturità. La seconda è dedicata ai cosiddetti ʻquaderni di lavoroʼ e ai diari; la terza parte si sofferma su alcuni dei suoi principali capolavori: la Vergine delle Rocce, l’Annunciazione, la Gioconda e il Cenacolo.
Particolare attenzione è dedicata dal regista all’uomo Leonardo, alla sua inestinguibile curiosità, alla ricerca di conoscenza e all’attitudine alla sperimentazione che lo accompagnarono per tutta la vita, come ci illustra esaustivamente il documentario di Luciano Emmer.
Michelangelo Antonioni, Lo sguardo di Michelangelo, 2004, cortometraggio, 15 minuti
Carlo Ludovico Ragghianti, Michelangiolo, 1964, critofilm, 78 minuti
Per Ragghianti il documentario dedicato a Michelangelo, realizzato nel 1964 in occasione del quarto centenario della morte dell’artista, rappresenta anche la summa di un’esperienza iniziata nel 1948 e consolidatasi negli anni Cinquanta, che lo vide creare ventuno critofilm.
Michelangiolo è un’opera complessa, in cui Ragghianti condensa tutte le caratteristiche e le finalità del format del critofilm: fin dalle prime inquadrature emerge “un’analisi critica del linguaggio artistico […] compiuta con il linguaggio del film”. Si tratta, in sostanza, di un’interpretazione condotta da Ragghianti in veste di autore cinematografico, utilizzando la sintassi filmica per trasformare in forma visuale una lettura storico-critica, a ulteriore conferma delle convinzioni dello studioso lucchese, il quale riteneva che il cinematografo fosse esso stesso un’arte visiva, e che l’arte rappresentasse una forma conoscitiva.
Il critofilm Michelangiolo, nei suoi 78 minuti di durata, presenta un vasto compendio di pitture, sculture, architetture, disegni e progetti firmati dal Buonarroti nel corso della sua lunga e prolifica carriera, dalla fine del Quattrocento alla morte. La scultura gioca un ruolo centrale, e per essa Ragghianti crea una sintassi cinematografica ad hoc, scegliendo punti di vista arditi e soluzioni tecniche innovative, che testimoniano la conquista di una perizia registica maturata in oltre quindici anni di attività cinematografica. Protagonista del critofilm non è più lo ‘stile’, come dieci anni prima con Piero della Francesca, ma la vita e l’animo dell’artista. Dagli esordi di un Michelangelo non ancora ventenne, con opere come la Madonna della Scala e l’Angelo reggicandelabro per l’arca bolognese di San Domenico, Ragghianti si preoccupa di far conoscere con immagini e parole (aggiunte a posteriori dopo la fine delle riprese) la formazione artistica e concettuale del Buonarroti.
Michelangelo Antonioni, il regista cinematografico universalmente noto per film come L’avventura, La notte, L’eclisse, Blow-Up, Zabriskie Point e Professione: reporter, dedica a Michelangelo un omaggio che diventa anche un testamento artistico e umano. Lo sguardo di Michelangelo, realizzato da un Antonioni novantaduenne, è dedicato al risultato del restauro della Tomba di Giulio II e del Mosè della Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma: opere che rappresentano, a detta del regista, l’immortalità dell’arte.
In questo cortometraggio Antonioni debutta come attore: la macchina da presa lo riprende mentre, muovendosi sulla sedia rotelle dove dal 1985 lo aveva costretto un ictus, coglie ogni aspetto del Mosè del Buonarroti, giungendo persino a sfiorarlo. Si tratta di una silenziosa contemplazione ed esplorazione dell’arte e dei suoi misteri, e allo stesso tempo di un dialogo con la mortalità e con la divinità, come sottolinea acutamente l’ultima sequenza, che, con un campo largo, mette a confronto il grande complesso marmoreo del Mosè con l’esile figura di Antonioni.
Un’articolata orchestrazione di suoni e rumori, che non lascia spazio alla parola, sancisce ancora una volta il potere delle immagini in movimento.
Mario Martone, Caravaggio, l’ultimo tempo, 2005, documentario, 41 minuti
Risale al 2004 il mediometraggio Caravaggio, l’ultimo tempo, realizzato da Mario Martone, regista napoletano autore di film come L’amore molesto e il recente Il giovane favoloso, dedicato a Giacomo Leopardi. Allo stesso modo in cui aveva realizzato i documentari dedicati alla città barocca e a Luca Giordano, Martone sfrutta l’occasione di una mostra allestita a Napoli, in questo caso al Museo di Capodimonte. Il cortometraggio mette a frutto una visione tragica e vitale della città natale del regista, dove Caravaggio si era rifugiato nella fase finale della sua esistenza, prima di finire la propria fuga sulla spiaggia di Porto Ercole. Il regista costruisce, attraverso un’articolata sintassi cinematografica, un percorso visivo simbolico in cui alterna personaggi còlti nelle strade di Napoli con scorci dei paesaggi caravaggeschi e immagini dei suoi dipinti. La macchina da presa descrive e al contempo interpreta la cruda realtà odierna di Napoli, così come Caravaggio aveva fatto all’inizio del XVII secolo.
Martone rende omaggio contemporaneamente alla propria città e all’artista che vi realizzò, nel corso dei suoi due soggiorni (nel 1606-1607 e nel 1609-1610), capolavori come la Sacra famiglia con san Giovanni Battista, il Davide con la testa di Golia, le Sette opere di Misericordia e l’ultimo dipinto della sua vita, il Martirio di sant’Orsola.
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
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