Chiesa di San Francesco
Lucca
Domenica 13 novembre, ore 18.00
Mi chiamo forse, Alì
Liberamente ispirato a una profezia di Pier Paolo Pasolini
Drammaturgia di Sandro Cappelletto
Musica di Matteo D’Amico e dei fratelli Mancuso
Enzo e Lorenzo Mancuso, canto e strumenti
Samuele Telari, fisarmonica bayan
Alessandra Montani, violoncello
Marouane Zotti e Sandro Cappelletto, voci narranti
“Alì dagli occhi azzurri / uno dei tanti figli di figli, / scenderà da Algeri, su navi / a vela e a remi. Saranno / con lui migliaia di uomini / coi corpicini e con gli occhi / di poveri cani dei padri / sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini, / e il pane e il formaggio…”.
Sarà un poetico omaggio all’eterno PPP quello offerto domenica 13 novembre, alle ore 18, nella chiesa di San Francesco a Lucca. Uno spettacolo tra teatro e musica intitolato Mi chiamo forse, Alì: cantata ispirata a una Profezia di Pier Paolo Pasolini, basato sulla drammaturgia di Sandro Cappelletto e sulle musiche di Matteo D’Amico e dei fratelli Enzo e Lorenzo Mancuso.
Negli anni Sessanta del secolo scorso, prendendo spunto da un racconto di Jean-Paul Sartre ambientato nel tempo e nei luoghi della allora recentissima guerra d’Algeria, Pier Paolo Pasolini scrive, alternando prosa e versi liberi, un testo che chiama Profezia: poche parole che sembrano però riferite alle attualissime e dolorose vicende di migrazione citate quotidianamente nei telegiornali.
Lo spettacolo si svolge come un dialogo, quasi se gli autori stessero scrivendo a Pasolini una lettera fatta di parole, canto e musica per, se così possiamo dire, aggiornarlo. Per chiedergli se ha davvero pensato che sia mai esistito un Alì dagli Occhi Azzurri.
Ricercando le tracce del mito di Alì si può risalire fino ad Adamo, il primo di noi a mettersi in viaggio, come se altro non ci fosse consentito di fare. Quando immaginava Alì, Pasolini pensava anche a Cristo, che se ne va di casa prendendo la bisaccia e i sandali del padre. E attendeva – con/fondendo nella palpitazione visionaria e davvero profetica della parola e delle immagini, il mito e la storia, l’arcaico e il contemporaneo – i tanti Alì venuti e che verranno a incrociare con le nostre le loro vite, le speranze, le attese, le sconfitte, i lutti.
Se il tema portante di questa ‘profezia’ pasoliniana è quello dell’incontro con il ‘diverso’, la musica non può seguire altra via che quella dell’accostamento di esperienze diverse, sì, ma unite dalla radice comune di un sentimento umano che parla attraverso il ‘melos’, inteso come universale categoria espressiva. Diverse quindi le vie, le storie, ma comune un obbiettivo: sublimare in musica le speranze, gli aneliti, le sofferenze e le gioie di chi crede possibile un futuro di ‘com/passione’. A volte è la musica di Matteo D’Amico che s’infila negli interstizi dei canti di Enzo e Lorenzo Mancuso, valorizzandone le potenzialità armoniche e polifoniche, a volte sono i due cantori che raccolgono uno spunto dalle proposte strumentali, trasportandole nel flusso più intenso della voce.
L’ingresso alla serata è gratuito e i biglietti saranno disponibili, fino a esaurimento posti, presso la biglietteria del Teatro del Giglio sino al 12 novembre compres0, con orario: 10.30-13 e 16-19.
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